Campania Dipinto di Giuseppe Bonito
(1707- 1789) di Napoli In questa regione il merletto nacque e si diffuse
come guarnizione per abiti e paramenti sacri. Presso le corti dei nobili uno stuolo
di abili merlettaie lavorava giorno e notte per realizzare capolavori e
creare nuovi disegni, talvolta anche le nobildonne si
dilettavano in questa arte. In molti paesi dell'Irpinia e del
salernitano si è sviluppata questa forma di artigianato e i paesi dove oggi
si continua tale lavorazione sono: Santa Paolina, Tufo, Montefusco,
Battipaglia, Positano, Pozzuoli, Portici, Gallo Matese e altre diverse
realtà. Questa arte viene praticata presso nuclei familiari o piccole
botteghe artigianali, la tradizione è infatti tramandata di madre in figlia.
In questi ultimi anni, sulla scia del grande fermento attorno all’arte del
filo, sono nate diverse scuole in tutto il territorio con insegnanti ben
preparate e tanta voglia di “fare”. Dipinto di Bonito Giuseppe Si pensa che le origini di quest'arte siano da
ricercare in Abruzzo, facente parte in epoca lontana del regno di Napoli; in
Campania, comunque, era già diffusa all'epoca di Giovanna
d'Aragona. Il pittore campano Bonito Giuseppe vissuto nel XVIII
secolo, tra le sue numerosissime tele di carattere popolaresco troviamo
alcune scene che rappresentano scuole di merletto e ricamo. Da tempi lontani,
quindi, questi eleganti merletti impreziosiscono i corredi. Napoli Tramezzo in lavorazione (courtesy Maria Rosa,
Napoli) Cesare Vecellio sul suo libro” Degli abiti antichi e Moderni di
diverse parti del mondo” (Venezia 1590) scrisse riferendosi all’abbigliamento
delle donne napoletane:” Le nobili Citelle napoletane portano una veste
semplice serrata al collo, chiusa dinnanzi fino a terra per il più di panno
colorato, sono attorniate con pizetti et merli ”. ”Degli
abiti antichi e Moderni di diverse parti del mondo”, Cesare Vecellio, 1590 Davies, chirurgo-barbiere (professione medica
dell’epoca) londinese visitò Napoli nel 1597 scrisse: “…il merletto di tutti
i tipi e le giarrettiere sono tra il traffico di questa città”. Fynes Moryson (inglese)
contemporaneamente scrisse: “Gli italiani indossano collari di lino
fiammingo ricamato con un punto
tagliato (forato, trasparente), molto in uso qui, però
non sono grandi come i nostri perché non c’è grande abilità nel lavarli e
inamidarli, non portano merletti d’oro o d’argento, ma neri”. Lassel invece scrisse : .. Tutti ci tengono nel
portare una giacca: ”…..i punti Venezia e i merletti in oro ornano le livree
dei loro cavalli”. Nel 1615
troviamo una citazione nel conto del sarto di Sir Timothy Hutton dove un
allievo dell’università di Cambridge trascrivendone i conti scrisse “…quattro once e, mezzo quarto di dram di
merletto napoletano”. Nel 1613 la principessa Elisabetta
Stuart sposò Federico V e nell’inventario dotale si certificò anche
questo dettaglio: “stretto merletto nero di Napoli, lavorato
con picot da entrambi i lati.°° Sull’Itinerario d’Italia del 1832 troviamo scritto: “Con non molto, successo
come in altre parti d’Italia, si coltivano in Napoli le arti meccaniche e
manifatturiere. Ciò nonostante vi si contano fabbriche di cristalli di buona
qualità, di cappelli di paglia , di fiori , di panni , di stoviglie, di
merletti, di stoffe di seta, di nastri, di cappelli di feltro , di coralli ,
ecc.” Nel 1904,
Il Giornale di Udine, descrivendo l’operato delle Industrie
Femminili Italiane ci dona questa preziosa notizia:” Una scuola di trine al
tombolo fondò in Napoli la signora Martorella, un’altra per il merletto a
punto ad ago, la signora Rapaini, pure a Napoli.^^Nel 1908 nel dizionario “La Nuova
Italia” troviamo scritto:” Il punto di Napoli è un merletto a fuselli
similare al punto Milano ma si distingue per avere una rete di fondo meno
raffinata.” Maestre di merletto del passato nelle Scuole
professionali femminili di Napoli
Merlettaia di Capri, George Bernard Butler, 1884 ©
The Cleveland Museum of Art, Ohio, Stati Uniti. L’artista
americano soggiornò alcuni anni in Italia e nel 1884 dipinse a Capri questa
figura femminile. La figlia dell’artista, Helen C. Butler, donò questa opera
il 2 febbraio del 1915, al Cleveland Museum of Art. Era la prima opera a far
parte della collezione museale. Pozzuoli (NA) Nel 2011 è nata a Pozzuoli l’associazione “Tombolo
Napoletano” capitanata da Filomena Renzi. L’associazione oltre alla
divulgazione della tecnica del merletto a fuselli si prefigge l’intento di recuperare la lavorazione del merletto
napoletano, le socie fondatrici dell’associazione stanno lavorando con filato
di seta italiana sui disegni delle Tavole di “Merletto napoletano” di
Gioacchino Toma. Filomena ha realizzato due pubblicazioni su disegni di Toma,
presentandone anche l’esecuzione.
Ischia (NA) Nella fine del ‘500 a Pozzuoli e nell’isola d’Ischia
si producevano dei merletti a fuselli di foggia rustica. Cesare Vecellio sul
suo libro” Degli abiti antichi e Moderni di diverse parti del mondo” (
Venezia 1590) scrisse riferendosi all’abbigliamento delle donne di Ischia “
Le donne dell’isola d’Ischia sono ordinariamente belle e graziose, la loro
arte è il filare, ordinariamente portano veste di tela di lino sottile,
lunghe fino a terra”. Osservando bene il disegno le ampie maniche e il fondo
del grembiule sono smerlati quasi a sembrare un merletto. Giuseppe D'Ascia nel 1868 scriveva così ”Le nostre
madri non vollero esser seconde agli uomini nel culto all'arte, e si fecero
distinguere ed ammirare nei gusti muliebri, sì nelle sfarzose fogge degli
abili a costume Greco, ricchi di merletti e frange e galloni di oro, sì per i
pesanti e ricchi pendenti a foggia di navicella di fino oro con pendenti di
perle detti fioccagli alla genovese o navette. Questi fioccagli sono
rimasti ma il costume della ricca e
graziosa vestitura sparì e con queste fogge sparirono ancora quelle
manifatture di ricercati e stupendi merletti in filo, che allora le nostre
madri, con squisita arte, sapevano manifatturare, per guarnirsi, per farne smercio, per dar finimento alle loro fine biancherie
di comparsa. De' questi merletti gli stranieri con premura fin ad ieri ne
sono andati in cerca, e noi loro li
abbiamo barattati, spogliandocene più perchè ignari del pregio che per
bisogno e ce ne siamo privati, senza poterli rimpiazzare, perchè le nostre
donne, profane a tal culto, ne ignorano l'arte.”** Agli inizi del 1900 si poteva ancora vedere del bel
merletto su tovaglie tende ecc. anche realizzati a filet. Ad Ischia si faceva anche del
Torchon con dei bei disegni che veniva venduto per le strade, ma era di qualità comune e scadente.* Attualmente in questa bellissima isola si producono
cestini lavorati come i merletti, una originale idea che le donne dell’isola
hanno saputo trasportare dal filo di un tempo, alla rafia. Oltre alle signore
anziane anche le giovani si cimentano in questa pregevole manifattura. Portici (NA) Teresa Franza: “Il Giardino di Teresa”, 2004 Teresa Franza “ La Grande Dea Madre”, Medaglia
d’argento, XI Biennale Sansepolcro La
grande Dea Madre (spiegazione dell’opera) A Napoli non c’è una vera e
propria tradizione del merletto, ma una nota scuola di ricamo milanese, diede
dei corsi in questa città e una signora da Portici, Teresa, vi partecipò.
Teresa è diventata abile e possiamo ammirare due sue opere: la prima ha partecipato al II Concorso
Internazionale organizzato dall’Associazione” Bolsena Ricama”. Nel settembre del 2004, Teresa si
è aggiudicata la medaglia d’argento all’XI Biennale di Sansepolcro con “ La
Dea Madre”: il tema era “Il Cosmo: Materia e Poesia “. Nel settembre del 2005
ha vinto il 1°
concorso organizzato dall’Associazione
Merlettando di Cervaro. Teresa ed altre appassionate hanno formato un
gruppo, “ Il Fil’Armonico del Miglio d’Oro“, attualmente coltiva la sua
passione come una traversata oceanica in solitaria. Somma Vesuviana (Napoli) Negli
“Atti parlamentari dello Senato”, stampato nel 1919 si parla che a Somma
Vesuviana si fanno i merletti a tombolo e anche “ L’Annuario delle
Camere di Commercio italiane” del 1940 ne dà la riconferma. Avellino La provincia di Avellino tramite la Camera di
Commercio di Avellino nel 1873, in occasione dell’Esposizione Universale di
Vienna, portò in mostra i suoi merletti.^ Tufo (Avellino) Già da tempi lontani le abili merlettaie
lavoravano molto per realizzare capolavori di ineguagliabile pregio. La
scuola del merletto di Tufo non è seconda a nessuno e le merlettaie si sono
unite in cooperativa per poter meglio vendere i loro manufatti. Santa Paolina (Avellino)
Fiorella, Eva e Rosalia, merlettaie di Santa Paolina Santa Paolina è un piccolo
comune irpino dove si lavora il tombolo e si coltiva il Greco di Tufo Docg. L'intreccio dei tommarielli
eseguito da abili mani forma il "pizzillo", seguendo con precisione
il tracciato del disegno su cartone. Un tempo la lavorazione del tombolo
veniva tramandata da madre in figlia. Dal 1989, anche la Pro-Loco provvede
ogni anno, nel periodo estivo, ad organizzare la Scuola di Tombolo. Il tombolo
di Santa Paolina è molto pregiato, richiede grande abilità, impegno e
conoscenza dei "segreti" di lavorazione. Due
sono i motivi caratteristici del merletto antico di questi luoghi: la foglia
d’uva e la lisca di pesce”. Sono motivi che in tutto il resto d’Italia non si
eseguono, si possono trovare delle similitudini nel merletto del Bedfoshire in Inghilterra, Almagro in Spagna,
Rauma in Finlandia, Vila do Conde Portogallo. Può variare la forma della
foglia, ma la tecnica è molto similare. Chissà quale sarà stato il
trait-d’union tra questi paesi! La "foglia d'uva" è
tra le più difficili: si lavora con ben 238 "tommarielli". Si deve
ringraziare la signora Aurora Ricciardelli se questa lavorazione non è andata
dispersa, perché in passato ha insegnato alle nuove generazioni e alla nipote
Fiorella che oggi a 90 anni lavora ancora al tombolo ed è tenutaria della
difficile tecnica per eseguirla. Con grande entusiasmo lei dice: “Io lavoro
sempre al tombolo, non lo lascio mai! Ho imparato da quando avevo 3-4 anni”. Eva Spinelli di 69 anni ci
racconta:” Il tombolo è un amico e un tesoro, io lo lavoro da quando avevo
9-10 anni e a 60 anni ho imparato la foglia di vite, per imparare ci vuole
molto tempo, io ho fatto un copriletto a mia figlia e ci ho messo cinque
anni. Quando ero piccola, i miei erano
contadini e la mia mamma mi mandava a portare il latte per il paese e qua in
ogni porta c’erano due tre tomboli e anche
merlettaie che facevano il punto antico. Ero tanto affascinata e solo dieci anni fa
l’ho imparato, sapevo fare quello più semplice ma non l’antico.”, anche lei
sa fare la foglia d’uva che richiama l'altro prodotto forte di Santa Paolina,
che è il vino Greco di Tufo.
La foglia d’uva che si può
realizzare in due dimensioni, esecuzione di Eva Spinelli Altra caratteristica
lavorazione, molto apprezzata, è la "spina di pesce". Rosalia di 80
anni ha fatto un copriletto per la nipote con i decori a spina di pesce.
Copriletto realizzato da Rosalia per la nipote
eseguito a “spina di pesce” Questo motivo è formato da una foglia ovale
realizzata a mezzo punto con la sovrapposizione di un ramoscello a punto spirito come
fosse proprio una lisca. Molti sono i "pizzi
antichi" contraddistinti da nomi locali quali il rummulillo (piccolo
rombo), la via storta, la mennola. I tre tipi di
lavorazione "la foglia d'uva, la spina di pesce che si lavora con 70
coppie di fuselli e i pizzi antichi" sono insegnati nel corso di tombolo
antico. Oltre
all'esposizione dei lavori della scuola di tombolo e alla dimostrazione
pratica, si possono ammirare i lavori delle "pizzillare" di Santa
Paolina alla Mostra dell'Artigianato Tipico Irpino, del Greco di Tufo e degli
Artisti Irpini che si svolge ogni anno a Santa Paolina. La Pro-Loco
intrattiene rapporti nazionali e internazionali con varie associazioni di
tombolo. Dal 2005
il Comune di Santa Paolina premia con il “Tommariello d'Oro” gli irpini
illustri come il capo della polizia Antonio Manganelli, Nicola Mancino,
Antonio Laudati, Ciriaco De Mita, Carmine Malzoni, e medici di fama mondiale
originari della terra avellinese, come il cardiochirurgo pediatrico Antonio
Amodeo.
I giovani e il merletto Rita Santangelo, volontaria del Servizio
Civile, è una giovane di Santa
Paolina che ha deciso di non far finire nel dimenticatoio la lavorazione
del tombolo, decidendo così di coinvolgere altri giovani come lei per
imparare quest’arte e dare dignità alle proprie radici. Rita insieme alle
maestre Eva, Renata, Fiorella e altre coetanee insegna il tombolo anche alle
bambine a partire dai 6-7 anni. La tecnica le è stata tramandata in famiglia
a partire dalla bisnonna, poi alla nonna, alla madre e a lei, testimone di
questo prezioso passato e si prefigge di tramandarlo alle sue figlie e
nipoti. Rita Santangelo mentre spiega
la lavorazione e la storia del merletto a fuselli Alcuni lavori della Scuola di
tombolo Disegno antico di Santa Paolina
con le foglie di vite e i chicchi d’uva Merlettaie in Via Roma Calitri ( Avellino) Calitri fa parte dell’Associazione Italiana città del Merletto, del Ricamo e del
Tessuto d’Arte. L’Istituto d’Arte di Calitri, grazie all’impegno di
alcuni docenti, ha allestito un Museo, che dal 2005 apre le sue porte il
sabato e la domenica. Sono raccolte testimonianze storiche della scuola e dei
manufatti, realizzati dagli alunni e dagli insegnanti. Tra sculture, pitture
e moltissime opere pregevoli si trova anche la sezione di merletti a tombolo
e ricami, a testimoniare che un tempo le donne del luogo si dedicavano a
questa attività. Un libro edito nel 1960 ci racconta che la Scuola a quel
tempo era articolata in tre sezioni dedicate alla ceramica, legno, ricamo e
merletto.° Merletto esposto presso il
Museo dell’Istituto Statale d'Arte di Calitri Montefusco ( Avellino)
Merletti su motivi antichi:
“lisca di pesce e foglie d’uva” Anche a Montefusco il merletto a fuselli è un’arte
antica, secondo alcuni storici risale all’epoca degli aragonesi, ma c’è
un’altra ipotesi che lo lega al periodo svevo. Per non perdere la tradizione
questo paese ha anche una scuola di merletto, per le giovani ragazze. Durante
la Fiera di Sant’Egidio ( agosto 2007) un padiglione era interamente dedicato
alla “ Mostra del Tombolo). Il merletto di Montefusco è stato presentato
anche oltre i confini italiani: nella Fiere internazionali di ToKio, Montreal
e Londra. Adelina Egidio, ricamatrice e merlettaia, ha aperto
un laboratorio, si tratta della prima iniziativa in assoluto, nella provincia
di Avellino.
Bordo realizzato a fuselli da Adelina Egidio seguendo
il disegno tipico della “lisca di pesce” e della foglia d’uva, i merletti
sono in mostra nella stanza “La bottega del tombolo” nel Museo di Montefusco. Opera di Adelina Egidio, stanza
“La bottega del tombolo”, Museo di Montefusco In anni recenti Raffaele Oliva, esperto nel ramo
dell’abbigliamento e grande appassionato di merletto a fuselli, ha fondato l’Associazione "Fili
e fuselli", con lo scopo di insegnare e diffondere l’arte del merletto. "A Laura" di Raffaele Oliva, di Montefusco
(Avellino), che ha ottenuto la menzione speciale al concorso, indetto da Il
Tombolo di Anghiari, "Chiare, fresche et dolci acque, ove
le belle membra pose colei che sola a me par donna…” Presso il Carcere Borbonico della fortezza Spielberg
c’è il Museo del Risorgimento meridionale vi si trova un’ esposizione di
merletti e si possono vedere delle dimostrazioni delle abili merlettaie. Nell’ottobre del 2005 si è svolto presso il
carcere, un incontro dal titolo”Il tombolo di Montefusco e Santa Paolina:
promozione e tutela delle sue produzioni”. Una giornata di confronto e studio
organizzato dal “G.A.L. (Gruppo di Azione Locale) Partenio – Taburno” che ha
approfondito la materia con un laboratorio pratico presso l’Oratorio San
Giacomo. L’intento è stato quello di proporre ai giovani una alternativa di
lavoro, sfruttando le risorse che fanno parte di una tradizione e che sarebbe
bene non abbandonare. Lavoranti del merlettificio Castagnetti di
Montefusco, 1951, video di Mario Panza per gentile concessione di Ludovico
Mosca La Ditta Claudia Castagnetti era molto attiva nella metà
del ‘900, infatti troviamo un’altra testimonianza nel “Foreign Commerce
Weekly”, settimanale del commercio estero del dipartimento del commercio di
Washington, 1953, dove troviamo questo trafiletto che ne pubblicizza
l’attività.
La piccola merlettaia alle prese con tombolo e fuselli è Maria
Antonietta Panza, per gentile concessione di Ludovico Mosca. Maria Antonietta da grande insegnò il tombolo
antico e in particolare i motivi, “c’entra e iallo” e la “mennola”. A Montefusco c’è la Chiesa di S. Caterina da Siena
del XVII secolo che conserva la pregevole tela del 1718 raffigurante “la
Madonna del Tombolo” dipinta da Francesco de Angelis. In questa
raffigurazione, la Vergine è rappresentata avente di fronte una sedia, sulla
quale trovasi un cuscino cilindrico con i caratteristici fuselli propri della
lavorazione del tombolo. Positano (Salerno) Un
dizionario amministrativo del 1908* testimonia che in quel periodo le Suore
Figlie della Carità avviavano 100 bambine alla lavorazione del merletto. Anche John Steinbeck, Nobel per la letteratura, ha
scritto sulle bambine di Positano: " Alto sul monte, un
convento si affaccia sul mare; qui le monache iniziano le bambine all’ultima
arte delicata del merletto. Le bambine sono pagate, e col ricavato dei
merletti si aiuta la scuola. Le dita agili delle bimbe che lavorano con
centinaia di rocchetti fanno venire le vertigini, ma esse alzano la testa
tranquille, e ridono e chiacchierano come se non avessero la minima
consapevolezza delle loro magiche dita. Alcuni lavori sono d’incredibile
bellezza. Ho visto una tovaglia, una tela di ragno intricata come un
pensiero. Cinquanta ragazze vi avevano lavorato per un anno.” Mercato S. Severino (Salerno) A Mercato S. Severino si respira aria di bel
merletto con Lello di Prizio, artista poliedrico, ricercatore
della perfezione della bellezza e di tutto ciò che si può creare con il filo. Vietri sul Mare (Salerno) L’”Annuario delle Camere di Commercio italiane” del
1940 ci racconta che questo paese è noto per i suoi merletti e un articolo
apparso in rete nel 2018 ci racconta la storia di Flora Naddeo che apprese
nei primi del ‘900 l’arte del merletto presso le suore del convento Di
Vietri. “Ciao nonna Flora regina del merletto. L’addio a 108
anni” SAN CIPRIANO PICENTINO. È morta a 108 anni la
nonnina più longeva dei Picentini. La signorina Flora Naddeo era un’artista
del tombolo, un antico attrezzo da ricamo. Una passione iniziata da piccola
quando rimase dalle suore a Vietri sul Mare e imparò l’arte del merletto e
del ricamo. Era nata il 10 aprile del 1910 ed aveva solo 8 anni quando morì
la madre Raffaella Marotta, colpita dalla Spagnola, l’epidemia dell’epoca.
Suo padre Giuseppe era guardia carceriera e non avendo la forza economica e
morale per accudire la figlia, chiese aiuto alle suore di Vietri, e così la
piccola rimase nel convento fino al raggiungimento della maggiore età.
Coltivò la sua passione più grande, il ricamo e divenne famosa tra i
cittadini per la lavorazione del tombolo, un’attività che richiede pazienza,
precisione e grande abilità. Un’arte preziosa che Flora ha coltivato fino a
pochi anni fa, quando ancora con le mani agili ed esperte, creava
meravigliose opere d’arte utilizzando morbida lana, ferri di varie misure,
fili di puro cotone e fuselli di legno. In paese, la cara signorina Flora,
era considerata una vera “autrice” di pregevoli lavori di antica ed artistica
manualità, creati grazie alla preziosità di gesti antichi. I suoi manufatti
unici, sono motivo di orgoglio per gli abitanti che li possiedono, le sue
meravigliose opere, infatti, hanno impreziosito corredi, abiti e case delle
famiglie sanciprianesi e non solo. Durante i funerali, la comunità tutta si è
stretta intorno al dolore dei familiari, per salutare la paziente e
sopraffina custode di tesori infiniti della storia locale, un pezzo di storia
di San Cipriano Picentino.§ Gallo Matese (Caserta) Gallo Matese è un piccolo paese di circa 1000
abitanti dove la tradizione del merletto a tombolo è coltivata da un buon
numero di signore. Questa lavorazione si manifesta anche nel costume
femminile che veniva portato dalle giovani spose per otto giorni
dopo il matrimonio: la camicia bianca "cammisia" e la cuffia
bianca "r't'cattsono” arricchite di preziosi merletti a fuselli. S.Agata De’ Goti Anche in questo
paese l’arte del tombolo è una produzione artigianale di rilievo. S.Bartolomeo in Galdo ( Benevento) Indossano le donne di S. Bartolomeo una camicia di tela
o di mussolina, ornala di merletto nella parte superiore, e nelle maniche
vicino ai polsi, di falbalà della stessa roba arricciata, preceduto da
qualche giro di ricamo di filo rosso. Un giustacuore [corpetto) che suol
essere di velluto verde, copre il petto e la vita, allacciandosi dietro le
spalle con fìttuccia di color rosso, la cui estremità si lascia pendente:
nelle giunture e nel davanti questo giustacuore è ornalo di galloni in oro.
Egualmente di velluto verde con galloni d’oro alle estremità inferiori sono
le maniche, le quali divise dal giustacuore, si legano ad esso con lacci
rossi , lasciando uscire vicino la spalla sbuffi di bianca camicia: due ampie
legature (nocche) di nastro color cremisi , una
nel davanti, l'altra nel di dietro , sono attaccale all’estremità superiore
di ciascuna manica. Una scolla che un tempo ha dovuto essere di semplice
tela bianca, ed ora è di tullo operato con merletto in giro o senza, si
adatta sulle spalle, e viene a coprire il petto, incrociandosi le sue
estremità alla cintura. Di panno per lo più verde oscuro è la gonna, che
parte da un punto piuttosto allo della vita, e scende in giù diligentemente
pieghettala, lasciando vedere con la calzatura, porzione della gamba. Un
grembiale di seta o di altra stoffa, anche di color verde, largo e lungo,
contornato di fittuccia color di rosa vien ligato alla cintura con nastro di
egual colore: ampia ligatura (nocca) di fittuccia color cremisi
con lunghe estremità pendenti si appunta alla cintura nel di dietro. La testa
coprono con una tovaglia piegata in due contornala di merletto, e tenuta
larga sul fronte mercè un piumaccelto largo poco men che le spalle: su di
essa è appuntalo un pezzo di seta o di altra stoffa simile al grembiale, che
ricade largo ed egualmente a doppio sulle spalle, coprendo buona porzione
della tovaglia. Tutto questo apparato si chiama Montatura. La
gola si vede per lo più ornata di grosse e lunghe file di globetti d’ oro
vero o falso, che per lusso si fa no scendere innanzi al petto sino alla
cintura. Di diverse forme e grandezze sono gli orecchini, come più o meno
abbondanti sono gli anelli che portano alle dita. Al piede scarpe nere con
fibbie. Altavilla Irpina ( Benevento) Durante il periodo natalizio del 1998, presso il Museo
civico di Altavilla, si è
svolta una mostra di merletti
risalenti al '500 fino al '900. La mostra, che costituisce una
prima introduzione al mondo dei merletti, nasce come idea dalla donazione
della raccolta di campioni della gentildonna Elena Orsini, facente parte di
un circolo di donne colte che a Perugia si era interessato allo studio di
antiche tecniche e moduli decorativi, da far rivivere in una ancora non
codificata ricerca delle proprie radici. Queste donne fecero da impulso
promotore a manifatture importanti in cui antiche tecniche di tessitura e di
ricamo furono rivisitate, fino a creare nuovi punti e nuove tecniche. La
baronessa Franchetti, la Haruc, madre adottiva di G. Laiatico Scaravaglio,
colta e raffinata studiosa di Storia del Costume (le dobbiamo moltissime voci
dell’EI), la marchesa Ranieri di Sorbello, Chiara Bombelli che dettero vita
ad importanti laboratori come la tela umbra di Città di Castello, ancora
esemplare laboratorio, quello dei Sorbello che crearono l’omonimo punto, vere
e proprie piccole industrie che fornivano alle contadine della campagna
circostante, la possibilità di guadagni insperati. La mostra perugina del
1908 nasce in questo clima e da queste raccolte i tre preziosi volumi di
"Antiche Trine Italiane" di Elisa Ricci. Elena Orsini iniziò la sua
raccolta a Perugia; andata sposa prima a Napoli e poi a Roma, continuò ad
allargare la sua collezione con quanto poteva offrire sia il mercato che la
liberalità di amiche, come la principessa Borghese, che frequentavano il suo
salotto anche attirate dalla fama e dalla cultura del marito, il noto pittore
della Roma umbertina Giuseppe Cellini, che fra l’altro affrescò la Galleria
Sciarpa. Nei reticelli e nei fuselli, il suo interesse si è volto
particolarmente a raccogliere le "variazioni su un tema", frutto di
mani diverse, che traducevano un modulo noto attraverso i tanti libri di
modelli, che nello scorcio dell’800 venivano riscoperti e studiati. Insieme a
questo gruppo con esemplari rarissimi, come i due campioni di modano a maglie
larghissime, quasi mai presente anche nelle più importanti raccolte museali,
viene presentato quanto ancora resta della collezione della prof.ssa Lucia
Portoghesi, ceduta al Comune di Spoleto, ma che da dieci anni giace ancora
chiusa nelle casse in cui fu consegnata. I frammenti non inseriti nella
cessione sono stati riadattati e presentati qui, per completare il quadro di
una produzione per la quale l’Italia fu famosa. Nell’Avellinese questa
attività fu nota, anche se forse con una tecnica non caratteristica o con
moduli altrimenti noti, almeno a quanto finora si è potuto appurare, ma il
piccolo buratto proveniente dallo scavo della cripta di Altavilla Irpina, può
già dare l’idea al contrario di una produzione peculiare e caratteristica.
Ancora molto cammino resta da fare per dare un volto, in prospettiva storica,
anche alla produzione di merletti nell’Italia meridionale ; produzione
che si vede "a sprazzi" uscire da citazioni in antichi documenti,
ma alla quale va dedicato un attento studio perché anch’essa, come i tessuti
della Campania, vada man mano uscendo dalle nebbie per offrirci il suo vero
volto, e ne siano testimonianza di perfezione tecnica e disegnativa, quanto
ne sopravvive in S. Paolina e Montefusco alle cui merlettaie questa mostra è
dedicata.(
l’articolo si trova nel sito
http://www.altavillabiblioteca.it/Appuntamenti_in_corso.htm) Maschera napoletana Scaramuccia
è la maschera della Campania nata nel ‘600. Sul suo costume compare un
colletto in merletto, a volte è piatto a volte a gorgiera. Musei e Mostre
Ringraziamenti Per la
collaborazione data, ringrazio Giuseppe Silvestri,
Presidente pro loco di Santa Paolina, Ludovico
Mosca e tutte le merlettaie citate in
questa pagina. ^Immagine tratta da un video della redazione “Il
Plurale”a cura di Alfonsina Meroli https://www.ilplurale.it/tombolo-di-santa-paolina-non-lasciamo-morire-le-tradizioni/ Immagine
di Fiorella tratta da un video di Telenostra https://www.youtube.com/watch?v=tLuAeqinMvs Le pizzillare di Santa Paolina di
Enzo Landolfi https://www.facebook.com/enzolandolfi158/videos/2630548937065286/ http://www.prolococalitri.it/index.php?option=com_content&view=article&id=121 https://vimeo.com/ludovicomosca · Tratto da “ Antiche trine “di Elisa Ricci °Libri e riviste d’Italia
volume12,1960 * La Nuova Italia: dizionario
amministrativo, statistico, industriale, commerciale ..1908 § salerno.occhionotizie.it # “Elenco di saggi de' prodotti
della industria napoletana” presentati nella solenne mostra del dì 30 maggio
1853 Disamina eseguita dal Reale Istituto
d'Incoraggiamento de' saggi esposti nella solenne mostra industriale del 30
maggio 1853 ** Storia dell'isola d'Ischia, Giuseppe D'Ascia,
1868 °° History of lace”, Bury Palliser 1865. ** Deliberazioni del regio commissario dell’anno
1924, ^ atti ufficiali dell’esposizione universale di
Vienna, 1873 ^^Giornale di Udine_1904-01-25 https://archive.org/details/bub_gb_viEMAAAAYAAJ https://archive.org/details/022_GiornaleUdine_25-01-1904/mode/ |
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