Giovannella (1478-1518) figlia di Giovanna d’Aragona

 

 

 

A Giovannella, sulla scia della madre, piacevano pizzi e merletti. Non mancò per questo di dedicarsi alla lavorazione al tombolo, un’attività fiorente nell’entroterra beneventano, specie ad Isernia, dove si diffuse proprio grazie a questa sua passione. La tradizione vuole che siano state le suore benedettine di Santa Maria delle Monache ad impartire alle educande la tipologia del ricamo per volere della Regina madre, quando ebbe in appannaggio matrimoniale la dote di Ferrante. Il convento, come attesta un registro del 1503, era già noto per i finissimi merletti a tombolo con disegni di piccole dimensioni. Un lavoro che si eseguiva con l’ausilio di un cuscino cilindrico, il pallone, su cui si fissava un cartone col disegno che avrebbe preso il ricamo, in modo da fungere da guida per l’elaborazione del merletto. Il perimetro della figura disegnata era fissato da spilli che servivano come caposaldo dell’intreccio. Unitamente al pallone occorrevano i fuselli, delle astine di legno che da un’estremità fungevano da impugnatura e dall’altra da bobina per l’avvolgimento di altrettanti fili. L’armeggiare di 24 fuselli (utilizzati mediamente) con repentini movimenti delle braccia tra l’una e l’altra mano, originavano le più disparate trame. Si poteva scegliere fra un’ampia gamma di “punti” in base al lavoro che si intendeva realizzare. Due dimore diverse, quelle di Somma e di Isernia, servirono a distrarre Giovanna e Giovannella dai dispiaceri, lontano dalle guerre intestine che ancora turbavano l’ex Regno, non avendo avuto l’ultimo re, alcun erede.

 

 

 

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