Lina Bianconcini Cavazza

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritratto di Lina Bianconcini Cavazza realizzato da Chiara Casarini di Bologna per il libro “Le donne che fecero l’impresa”°

 

La contessa Lina Bianconcini Persiani nacque a Bologna nel 1861  e nel 1885  sposò il conte Francesco Cavazza. Questa nobildonna bolognese è stata una grande sostenitrice del merletto facendolo conoscere in tutto il mondo. Infatti seppe trasformare la lavorazione del merletto in una attività imprenditoriale ad alto livello, partecipando a mostre prestigiose e confezionando veri gioielli per nobili e facoltose famiglie di tutto il mondo. Nel 1909, la Regina Margherita decise di assegnare proprio alla contessa l’incarico di portare la stessa esperienza nel contesto del territorio messinese appena devastato dal terribile sisma di pochi mesi prima. C’era bisogno di creare lavoro e permettere alle donne di rimanere nel territorio vicino ai propri figli. Venne pertanto creato un laboratorio di cucito e ricamo, una lavanderia e un centro ricreativo per i mesi estivi, grazie al quale decine di donne ottennero occupazione e conoscenze professionali.  In tale occasione la contessa dimostrò le sue doti straordinarie di organizzatrice e di persona dotata di altruismo.

 

 

Grazie a lei l’attuale merletto chiamato “ Aemilia Ars”, dalla società omonima fondata dall’architetto Alfonso Rubbiani, è conosciuto da tutti come il merletto caratteristico di Bologna. In questa attività venne aiutata per molto tempo, fianco a fianco, dalla contessa Carmelita Zucchini Solimei e Maria Chautré Bedot.

 

Gli appartamenti dei conti Francesco e Lina  Cavazza nel Palazzo Cavazza (Via Farini 3) furono arredati e decorati tra 1898 e 1900 da Achille Casanova e altri artisti con gusto già pienamente liberty: lo stile è evidente nell'esplosione degli oleandri nel soffitto e nel fregio con bianchi pavoni sullo sfondo di iris, come nella bella porta decorata a motivi floreali.Tutti questi decori erano il leitmotiv degli amati merletti.

 

La contessa Cavazza era una sostenitrice di attività filantropiche e nel 1915, per sua iniziativa, nasceva sotto le torri una struttura che aveva la funzione di raccogliere tutte le informazioni riguardanti ogni combattente e di diffonderle, fino a farle arrivare a chi le attendeva da casa.

Il conte Cavazza con l’aiuto della moglie, aveva creato a sue spese e per tutto il periodo della prima guerra mondiale 1915-‘18, un benemerito Ufficio Notizie alle famiglie dei militari, dove operavano oltre 350 volontari, divenuto in breve anche punto di riferimento del Ministero della Guerra per l’immane lavoro che alla fine risultò con uno schedario di circa 12 milioni di voci. Lina Bianconcini Cavazza morì nel 1842 all’età di 82 anni.

 

Domenica 5 giugno 2005, alle ore 11, al Museo civico del Risorgimento di Bologna, piazza Carducci 5, si è svolto un incontro sul tema:

“L’Ufficio per notizie alle famiglie dei militari: una grande storia di volontariato femminile bolognese” con cui si chiude la rassegna di appuntamenti “Immagini e memorie della Grande Guerra”.


cavazza

Sala per la schedatura delle notizie al fronte

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L’enorme numero di combattenti, la durata del conflitto, la durezza delle battaglie, la vastità del fronte di guerra, rendevano un’impresa veramente ardua ritrovare un soldato di cui si erano perse le tracce. Le notizie ufficiali erano troppo spesso sommarie e insufficienti per placare l’ansia dei familiari.
Per questo, fin dal giugno 1915 una donna bolognese, Lina Bianconcini Cavazza, ideò una struttura che raccogliesse tutte le informazioni riguardanti ogni combattente e le diffondesse, fino a farle arrivare a chi da casa le attendeva.
Una struttura gigantesca - l’Ufficio centrale che aveva sede a Bologna gestiva un archivio di milioni di schede nominative - e al tempo stesso diffusa capillarmente sul territorio, basata quasi esclusivamente sul volontariato; una struttura diretta e gestita quasi del tutto da donne: dalle presidenti dell’Ufficio centrale e delle Sezioni locali alle “dame” che visitavano ospedali e caserme per registrare i nomi di tutti i militari in arrivo e in partenza: una realtà, infine, di cui si è persa quasi del tutto la memoria, a Bologna come altrove.
Elisa Erioli, che ha recentemente riordinato l’archivio della Sezione bolognese dell’Ufficio Notizie, condurrà il pubblico, insieme al responsabile del Museo, Otello Sangiorgi, alla scoperta di questa interessante vicenda bolognese.

(courtesy  Olivia Pinto,  http://www.comune.bologna.it)

 

 

Nel 1897 la rivista, L’Illustrazione Italiana, riportava questo articolo: IL DONO DELLE SIGNORE BOLOGNESI a S. A. R. la principessa di Napoli.

 

 

COFANO DONATO DALLE DAME BOLOGNESI AI PRINCIPI DI NAPOLI (composizione e pittura di Augusto Sezanne)

 

Un'eletta di dame bolognesi si recò a Firenze a offrire alla principessa di Napoli il dono di nozze che le signore di Bologna, per iniziativa di donna Laura Minghetti, avevano destinato a Sua Altezza Reale. La principessa ricevette il Comitato il 30 gennaio scorso; era' presieduto da donna Laura Minghetti, e composto delle signore: contessa Lina Bianconcini-Cavazza, contessa Carmelita Cagnolachini, e donna Anna Cloetta-Pelliccioni.

 

Il dono consiste in un cofano di legno dipinto, intagliato e dorato, a modo di quei cofani di matrimonio così in uso nei corredì nuziali del secolo XV. È lungo 0,85; alto 0,50, largo 0,45; destinato a custodire trine e merletti. Fu ideato dal cav. Alfonso Rubbiani, disegnato e dipinto da Augusto Sezanne, l'artista pieno di genialità, che i lettori dell'Illustrazione Italiana ben conoscono.

 

Tutta la decorazione ha un senso allegorico espresso quasi araldicamente, e allude all’esultanza di Bologna per le reali nozze. Tutt'intorno gira la corona delle porte turrite e delle mura di Bologna. E mura e porte sorgono su di un prato di margherite e di fieni in fiore. Le porte mostransi pavesate di stemmi; e festoni addobbano le mura merlate. Sui due prospetti si schierano le porte che hanno in alto il massiccio sporgente a bertesche, come Porta Castiglione, San Mamolo, San Felice.............. E infine, attorno una stella che appare, simile all’Edelweis, Elena di Montenegro è salutata: Quasi mite signum ex Oriente. Nella stessa curva del coperchio è la dedica: Ad Elena Petrovich nelle sue nozze con Vittorio Emanuele di Savoia. Le signore bolognesi. MDCCCXCVI. Le maniglie, in argento dorato, fusione ed opera cesellata di Augusto Milani, sono foggiate come rami rosa di siepe con imitazione quasi al naturale della simbolica pianta. Anch'esse, disegno del Sezanne.

 

 

 

° All’interno del libro c’è un bellissimo racconto di Maria Genovese che ci parla di una preziosa testimonianza tra la contessa e una sua ava.

 

 

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