Merletto Milanese, Jourdan, The Connoiseur Magazine(1906)

 

In questa traduzione dall’inglese si è cercato di mantenere le espressioni del testo originale: sfumature di fascino e di storia.

 

Merletto Milanese

Parte di una cuffia, seconda metà del XVII secolo, V&A Museum, Londra

 

Pannello eseguito nel XVII secolo, V&A Museum, Londra

 

Milano, come molti altri centri di manifatture di merletto, diventò ben presto famoso per i suoi ricami. Nel 1584 era già esistente una Università di ricamo e prosperò fino alla metà del XVII secolo.

 

Coryat scrisse nel 1611 (Coryat’s Crudities) “Nessuna città d’Italia come Milano, è fornita di molte arti manifatturiere, specialmente due: ricamo, else di spade e pugnali. Le ricamatrici sono delle lavoranti molto particolari che usano molto l’oro e l’argento”.

 

Negli inventari degli Sforza (l’atto è datato giovedì, 12 settembre- 1493) è citato: ”Tarnete uno d’oro et seda negra facta da ossi (fuselli)”; è interessante scoprire che sono chiamati tuttora “Ossi” a Cantù e “Ossoleti  nel Canton Ticino.

In questo inventario, che è un atto di spartizione tra le sorelle Angela e Ippolita Sforza, sono stati trovati i primi cenni che si riferiscono al merletto italiano:

lenzuolo, uno di revo di tele, cinque lavorato a punto,

peza de tarnete d’argento facte a stelle,

lenzuolo uno de tele, quatro lavorate a radixelo,

peza quatre de radexela per mettere ad uno moscheto(zanzariera),

tarnete uno d’oro et seda negra facta da ossi,

pecto uno d’oro fato a gropi,

binda lavorata a poncto de deii fuxi (fuselli?).

Trina è qui menzionata con il vecchio nome  tarnete”, ma trina come il merletto inglese e francese, era usata in senso generale come passamaneria o trecce, prima del vero merletto.

Florio nel suo dizionario ( Londra 1598) dice, trina = ago, lavoro a spilli su abiti, lacci, orlature ecc.

Le trine, nell’inventario degli Sforza sono sempre di metallo e seta.

 

merletto del XVI secolo

 

Frattini, nel suo “ Storia e statistica dell’industria manifatturiera in Lombardia (1856)” afferma che gli abitanti della zona di Cantù fanno il merletto dal 1600 circa. Tale industria verso la metà del XVIII secolo iniziò a decadere.

Nel 1765 l’astronomo e geografo parigino Lalande scrisse nel suo libro “Viaggio di un Francese in Italia”:“… è prodotto solo in una scadente qualità ” .

Si puo’ aggiungere la successiva affermazione di testimonianza dell’avvocato Peuchet  il quale scrisse nel “Dizionario Geografico Commerciale (1789)”, in riferimento ai merletti milanesi: “Essi sono molto comuni e non ad alto prezzo. Questa manifattura non può danneggiare quella francese della stessa specie, ne’ sulla concorrenza, ne’ sulla produzione. In Lombardia molte contadine sono impiegate nella lavorazione del merletto. La più capace può realizzare un “polsino” da uomo per poco prezzo”.

I primi merletti milanesi non hanno la rete di fondo, ma sono coperti da disegni ben marcati, arabescati, tenuti insieme da allacciature eseguite torcendo i fili.

Merletti milanesi del XVI secolo a fettuccia continua, senza rete di fondo

 

Un campione di merletto catalogato come italiano o fiammingo, certamente di esecuzione italiana, ha un disegno a grandi fiori e volute, al centro del quale c’è una signora che suona un liuto, un cupido che regge un cuore e in un altro lato una figura con una sciarpa fluttuante. Nel contorno superiore, il cupido ha gli occhi bendati, un arco e delle frecce. Il merletto fa parte della collezione della signorina Blockow e si trova nel South Kensigton Museum.

 

Un pezzo di merletto milanese all’Albert e Victoria Museum, non ha attaccature, i motivi del disegno sono liberi. Il fondo che ferma i motivi è fatto in modo diverso dai fuselli e cioè con l’ago: può essere fatto con punti stretti e fermi o aperti, creando motivi più ampi.

 

La rete di fondo fu introdotta nel 1664 e in questo periodo un ritratto, dipinto da Gonzales, mostra un bel merletto con vari tipi di fondo e un bordo ben dritto ( il merletto milanese è quasi sempre un merletto ben dritto).

La rete è di vari tipi, ma la più comune è la maglia a forma di diamante, formata da un intreccio di 4 fili come il merletto di Valenciennes. Molti fondi venivano realizzati in modo sperimentale e molto impreciso. In un campione i fili vengono annodati nel punto del loro incrocio.

Il motivo viene da prima fatto sul tombolo, poi la rete viene lavorata attorno al disegno, sviluppandosi in tutte le direzioni da riempire tutti gli spazi, mentre il Valenciennes viene lavorato tutto in un pezzo, disegno e rete insieme.

 

 

Se si guarda al rovescio un merletto milanese, si può notare che i fili della rete sono stati affrancati sul motivo.

I disegni sono molto belli e consistono in volute e motivi floreali che includono piccoli quadrati e semplici punti di riempitura (non ben definiti come invece lo erano i veneziani).

All’epoca la rosa, il lillà, e altri fiori erano spesso copiati dai trattati naturalistici.

Le forme degli animali: aquile, lepri, orsi, cani, sono spesso presentate in forme plastiche.

 

 

Nello spirito di queste scene, possono essere tracciate le caratteristiche del “Lombardo”(merletto) che coprì ogni chiesa.

Espressioni di fiera energia, con  scene di caccia e di guerra erano la sua caratteristica, assolutamente assenti nel merletto veneziano e solo sperimentalmente introdotto in altri merletti.

 

Si possono frequentemente trovare gli animali negli stemmi araldici, che rappresentano l’emblema di famiglia.

E’ molto frequente trovare la doppia aquila imperiale, perfino nel merletto ecclesiastico. Possiamo tenere presente che all’epoca Carlo V concedeva, in cambio di favori speciali, il privilegio di portare lo stemma imperiale sia alle famiglie italiane che spagnole che lo usavano al posto del loro stemma ( Milano rimase sotto il dominio spagnolo dal 1535 al 1714).

 

Nell’Albert e Victoria Museum c’è un campione di merletto datato 1650, che mostra una curiosa mescolanza di motivi, laici e religiosi. Il disegno consiste in un  medaglione centrale fatto di 2 teste di aquila sormontate da una corona. Sotto c’è un cuore trafitto e fiammeggiante e sullo stesso lato un cane rampante. Al lato del gruppo centrale spunta un tralcio fiorito e frondoso, un pellicano che si sta lisciando le piume e un piccolo uccello.

 

Un pezzo di merletto milanese molto curioso in possesso della signora Hibbert, mostra una figura seduta sopra una fontana ornamentale. Le graziose volute includono uccelli di grandi dimensioni,  angeli, cacciatori di leoni e cervi a cavallo.

Parte del merletto ha un tipo di lavorazione a nodi e la criniera del leone, l’angelo e i cacciatori sono ornati da un lavoro in seta nera. E’ datato 16..5 (la data è imprecisa). La proprietaria pone ulteriormente delle note: “ci sono rappresentazioni di Perseo e Andromeda , anche di Giasone ed Europa”.

 

Nel merletto ecclesiastico si trovano le immagini della Vergine, angeli e monogrammi.

Se ne può studiare un interessante pezzo, datato 1733, che si trova presso il Museo delle Arti decorative di Bruxelles. La prima parte con l’insegna ”Julius Caesar Xaverius Miccolis abbas et rector S.Mariae Graecae, A.D. 1733” , i disegni di volute che si ripetono e i caratteristici uccelli e cervi è perfetta, mentre la seconda porzione mostra una confusione di motivi creati a caso e la rete di fondo è rattoppata. Gli angeli reggono lo stemma con il suo ostensorio raggiante, al lato c’è un cervo e l’aquila incoronata a doppia testa , che non ha alcuna relazione con il resto del disegno. La voluta si intreccia come  nella prima porzione ma con movimenti geometrici e spigolosi, poi c’è un pilone ornato da uccelli che si arrampicano senza rispettare alcuna legge di gravità.

 

Un altro merletto, con la sua semplicità di disegni floreali, è forse l’ultima versione dell’originale merletto milanese; le volute e gli arabeschi negli steli dei fiori e in altri ornamenti, si accentuarono verso la decadenza del merletto milanese.

 

merletto milanese o genovese XVIII secolo

 

Il nome commerciale per alcuni merletti era “fettuccia genovese” ma era fatta sia a Milano che a Genova e nei distretti .Il disegno consiste soltanto in un nastrino che gira ritorna e si sormonta, ed è unito da allacciature e picot, oppure con una rete di fondo.

 

 E’ stato molto usato per abbellire gli altari delle chiese ed era di considerevole dimensioni.

Missis Palliser trovò nella chiesa di S. Margherita a Parigi, una vecchia pergamena dove c’era il disegno per un merletto fatto di questo nastrino, datato circa 1592.

Per tutto il XVII e XVIII secolo i merletti caratteristici di foggia paesana erano fatti nell’Italia del Nord, in un cuscino in modo molto spontaneo,.

Coryat dice del Piemonte: ”Molte locande hanno le tendine e le mentovane fatte a merletto ad ago e sono bordate con bellissimi merletti”. Di Venezia dice “le sedute delle gondole hanno dei teli di tessuto e i loro bordi sono rifiniti di merletto dell’osso” ( merletto a fuselli ).

Circa 50 anni fa  lenzuola, federe, tovaglie e asciugamani, guarniti con merletto a fusello venivano ancora  acquistati dalle locande.

 

merletto del XVIII secolo in possesso di Lady Treveyan

 

 

 

 

Ringrazio Annalisa per la collaborazione nella traduzione

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