SCUOLE DI MERLETTI IN FRIULI di
Vittorio Stringher , Udine, agosto 1892, tratto dal
“Bollettino della Associazione Agraria Friulana” n. 16-17-18 (1892) La introduzione
delle macchine, le quali si sono sostituite in gran parte al lavoro manuale creandone
alla loro volta di nuovo ma diverso, assieme a grandi, incontestabili
benefizi ha portato con sè alcuni inconvenienti; mi
limito, per restare in argomento, a ricordare quello della quasi totale
scomparsa dell’industrie casalinghe nelle campagne. Nel contado, sebbene non
da tutti ugualmente avvertito, il danno non è stato di lieve momento. I filò, dove le nostre contadine, nelle
lunghe serate invernali, filavano il lino, la canapa, la lana, lavoravano
alla maglia ecc. ecc., non esistono più; o, peggio ancora, hanno cambiato
carattere, diventando ritrovo di sfaccendati
dei due sessi, dove il pettegolezzo è la nota dominante nei discorsi, quando pure non sia
qualche cosa di peggio. La industria dei merletti potrebbe dar lavoro a tante
mani costrette di tratto in tratto a stare inoperose. Anche il modesto
guadagno di pochi soldi torna a sollievo dell’ esiguo bilancio delle famiglie
di contadini. A Cantù (Lombardia) l'industria dei merletti è diffusissima fra
quelle popolazioni rurali, le quali ne risentono con lieve benefizio. In
Friuli, quasi contemporaneamente, sono sorte scuole di cestari per gli uomini scuole di merletti per le
donne. Le une e le altre mirano allo stesso
fine, che è quello di dare, nei momenti ne’ quali le faccende dell’azienda rurale
lo consentono, lavoro rimunerativo e
non faticoso. Io traggo lieti auspici da questa felice coincidenza. Le scuole
di merletti e quelle per la sia lavorazione dei vimini, hanno una impronta
tutt’affatto loro propria, che mi piacerebbe fosse seguita dalle scuole
professionali in genere e da quelle d’arti e mestieri in ispecie. Nelle
scuole di merletti, come in quelle di cestari si
insegna il modo di guadagnare facendo un lavoro dilettevole; chi più impara
più guadagna; è questa la loro caratteristica, che le distingue da tutte le altre e che dovrebbe trovare più
larga applicazione. Il guadagno è uno stimolo potentissimo a ben fare e a far
molto. La semplice lode ha sicuramente un grande valore; ma quando questa
viene determinata in danaro, mentre riesce più equa, porta ancora con sè l’ineffabile conforto del guadagno procurato col
proprio lavoro. Del denaro io ho avuto sempre una gran buona opinione. Di
quelli che lo possiedono non sempre. Siamo noi che molte volte usandolo male
lo abbiamo fatto giustamente maledire. Il denaro è un elemento di libertà non
di schiavitù. Rendere agiata una famiglia è elevarla moralmente, è renderla
padrona di sè, è farla libera e rispettata nei suoi
rapporti con la vita esteriore. Tutto ciò che tende a migliorare le condizioni
economiche di un paese deve trovare appoggio ed essere favorito da chi può,
nel modo migliore. Le nostre scuole, parlo ora in generale di tutte, dalle
più modeste, le elementari, alle più elevate, le università ed istituti
superiori, sono così fattamente ordinate che
sembrano istituzioni destinate più che altro a popolare l’Italia di gente
spostata; e per gente spostata, sembrerà a taluno per lo meno superfluo darne
la definizione, intendo quella che non risponde al bisogno del paese,
all’indole sua, alle sue tendenze peculiari. E gli spostati, per legge
naturale, sono destinati a soccombere, qualora, degradandosi, non si adattino
all'ambiente. Non
credo di aver divagato inutilmente. L'industria
dei merletti, per divenire altamente rimuneratrice e benefica, nel nostro
paese stesso dove la mano d’opera è a si buon prezzo, deve assumere il
carattere di industria sussidiaria. Non vi ha dubbio che così intesa può
stare a fronte e vincere nella lotta la concorrenza mondiale, e a questo fine
pratico mirano le scuole di merletti di Brazzà, di Fagagna e di Martignacco. Al
cuore buono, alla intelligenza superiore, alla sorprendente attività, alla
tenacia, che per adulare il mio sesso, chiamerei virile, della contessa Cora
di Brazzà Savorgnan, si
devono le tre scuole che ho nominate, le prime istituite in Friuli, le quali
contano di già, ed hanno pochi mesi di vita, un centinaio circa di allieve. Come
sono ordinate queste scuole? In che si differenziano da altre consimili
istituzioni? Perchè il tipo Cora
Brazzà è meglio rispondente all’indole del nostro
paese? È quanto sto per dirvi con la maggior chiarezza possibile. Vorrei
infondere in qualcuna delle mie lettrici (incomincio con la presuntuosa
lusinga di averne) lo stesso entusiasmo, che io provo, per queste ben intese
istituzioni. Se non ci riesco non attribuitelo alla
causa che è ottima, ma alla pochezza dell'avvocato. Le
scuole tipo Cora Brazzà
sono ordinate nel modo seguente: Le
fanciulle, che col consenso esplicito dei loro genitori o di chi ne fa le
veci, si iscrivono alla scuola, non debbono avere meno di 6 anni, nè più di 16, salvo autorizzazione speciale da parte
della patronessa. Le allieve si obbligano di frequentare la scuola durante il periodo di tre mesi,
assistendo a due lezioni di due ore almeno la settimana e di pagare gli
oggetti che perdono o guastano per trascuratezza... Nel periodo, in cui sono
aperte le scuole elementari, le allieve che le frequentano, vengono ammesse a
quella di merletti soltanto nelle ore che hanno libere. Se non vi fosse stata
questa restrizione, molte famiglie di contadini avrebbero preferito di
mandare le loro figlie alla scuola di merletti anzichè
alla elementare. Ciò è significante. La scuola è aperta d’estate dalle 7 ant.
sino al tramonto. Durante l'inverno si ammettono le allieve alle 8 ant., e,
in questa stagione, vi è pure scuola serale di due e anche tre ore, secondo
il desiderio delle allieve e l'urgenza del lavoro. Dal mezzogiorno al tocco,
hanno libertà piena ed intera per desinare e divagarsi un pochino. In estate,
alle 4 pom., sono concessi 20 minuti di riposo per
la merenda. Nella
scuola vi ha un andirivieni continuo di fanciulle; poichè
esse la frequentano nei momenti in cui le faccende dei campi, l’orario della
scuola elementare ed il governo della casa lo consentono. Mentre lavorano, le
allieve possono parlare, ma senza far troppo rumore; è loro permesso di
cantare in coro. Nessun estraneo può entrare in iscuola
senza speciale permesso; sì fa eccezione per il clero della parrocchia. Ogni
allieva viene inscritta in apposito registro, con la indicazione esatta del
materiale che fu ad essa consegnato (tombolo, fuselli, spille, filo)
attribuendo a ciascun oggetto il prezzo di costo all’ ingrosso. Le allieve quando
hanno terminato il pezzo di merletto, che viene stabilito a seconda delle
ordinazioni, lo staccano dal tombolo e vi applicano un cartellino sul quale
scrivono il proprio nome, il numero del disegno, la lunghezza del merletto ed
il prezzo che loro è dovuto. In tal modo le bambine continuano ad esercitarsi
un po’ nello scrivere e far di conto. A questo stesso fine mirano le brevi
relazioni, che le fanciulle debbono fare per iscritto alla patronessa durante
la di lei assenza, su quanto avviene nel tranquillo e sereno ambiente della
scuola. Ho avuto la fortuna di leggere alcune delle lettere scritte dalle
allieve alla loro nobile patronessa, in cui appunto riferivano intorno
all’andamento della scuola e rimasi commosso per la ingenuità della
narrazione e per la schiettezza sublime dei sentimenti. Alla buona contessa
di Brazzà queste lettere sono carissime, e per chi
non lo sarebbero? Una
volta al mese, la sorvegliante della scuola di Brazzà,
che è una contadina del luogo, la quale percepisce 75 centesimi al giorno,
consegna alla patronessa od a chi per essa, tutto il merletto terminato nel
corso del mese, perchè il lavoro delle singole
allieve venga esaminato e giudicato il merito relativo di ciascuna. Ad ogni
pezzo bene eseguito, viene assegnato un maggior prezzo, in ragione del 5 per
100, su quello normale. All’allieva, la quale nel corso dell’anno ha ottenuto
il maggior numero di questi compensi, si conferisce un premio speciale di lire 20. È questo un ottimo
metodo di premiazione, poichè il premio viene conferito
a chi ha lavorato meglio e con maggior diligenza e pulizia, non a chi sa fare
merletti più difficili. La più giovane delle allieve può quindi competere con
quelle che sono maggiori di età e che da molto tempo frequentano la scuola.
Le fanciulle lavorano a cottimo; nè sarebbe
conveniente adottare altro sistema in una scuola di questo genere. Ogni
disegno consegnato all’allieva porta un numero corrispondente ad una speciale
indicazione risultante da apposito registro, nel quale sì segna la quantità ed
il numero del filo, la quantità dei fuselli consegnati e, a lavoro compiuto,
il prezzo pagato all’allieva per il lavoro da essa fatto e quello di mercato,
che supera il primo del 30 per 100. Dal prezzo, che spetterebbe alla allieva
per il merletto fatto, si deduce il costo del filo e di qualsiasi altro
oggetto abbia perduto o guastato per negligenza o sbadataggine. Questo
computo viene fatto regolarmente mese per mese. Le fanciulle, che insegnano
alle loro compagne tre nuovi punti, ricevono un compenso di 50 centesimi. Il
30 per 100 sul prezzo di mercato viene prelevato onde sopperire alle seguenti
spese generali: retribuzione della sorvegliante e della persona incaricata di
tenere la facile contabilità; affitto del locale per la scuola (per Brazzà questa spesa non esiste); riscaldamento ed
illuminazione durante l’inverno; acquisto e manutenzione di tomboli, fuselli,
spille e sopratutto disegni, che rappresentano una spesa assai rilevante e
sono consegnati gratis alle allieve, le quali debbono restituire il vecchio
disegno per poterne avere uno di nuovo. In questo modo si evita la possibile
vendita a danno della scuola. Col predetto 30 per 100, si sopperisce ancora
alle spese di trasporto dei merletti alla loro destinazione, alla
corrispondenza ed al ribasso del 10 per 100, in favore del negoziante a cui
il prodotto è venduto. Le allieve sono pagate ogni mese ed in contanti. Nella
scuola di Brazzà, contrariamente a quanto accade in
altre scuole, si è verificato ripetutamente il fatto che anche le contadine adulte,
nel momento in cui il lavoro nei campi cessa, cioè dal mezzogiorno alle due,
frequentano e con profitto la scuola. Ciò prova come la industria dei
merletti vada facendosi rapidamente popolare nelle nostre campagne. Due o tre
contadine adulte, costrette a starsene tappate in casa per infermità
croniche, mandarono le loro bambine alla scuola ad apprendere il lavoro del
merletto, perchè queste alla lor
volta lo insegnassero ad esse. Queste povere donne si guadagnano ora una
quindicina di lire al mese; non sono più di peso, ma di sollievo alla loro
famiglia. Iddio benedica la buona Contessa! La
scuola di Martignacco, che conta 18 allieve, non è
che una sezione di quella di Brazzà. Quella di Fagagna, con 32 allieve, è invece sussidiata dal Legato Pecile; la maestra, di quest’ ultima, percepisce a titolo
di retribuzione (constatata insufficiente) il prezzo dei merletti fatti dalle
bambine nei tre primi mesi di insegnamento ed il 10 per 100 sul prezzo del
lavoro complessivo dell’ intera scolaresca. Secondo calcoli, i quali non
possono essere molto lontani dal vero, si ammette generalmente, che, dopo 4 o
5 anni, con 500 o 600 operaie, mediante un’amministrazione economa ed avendo
assicurato il mercato per la vendita dei prodotti, il profitto pel capitale
d’impianto e di manutenzione possa raggiungere il 15 per 100. Sarebbe davvero
un bel resultato. Accennerò
ad altre due forme di scuole. Nella
scuola di Coccollia (Romagna), fondata dalla
contessa Maria Pasolini, le allieve non lavorano a cottimo ma a giornata. È
stata istituita tre anni fa, non si possono quindi stabilire confronti
rispetto alla quantità e precisione del lavoro con la scuola di Brazzà. A Coccollia, le allieve
merlettaie sono tutte giovanissime; poichè la
contessa Pasolini avvertì l'inconveniente che insegnando alle più mature
d’età, queste abbandonavano troppo presto la scuola e non continuavano quindi
a lavorare di merletto dopo aver cessato di frequentarla. A
Cantù, la patria adottiva del merletto, vi sono molte scuole e fabbriche.
Nelle scuole, le fanciulle sono tenute sino a tanto che diventano abili
operaie; ma non ricevono, durante questo periodo, alcun compenso. Il reddito
netto del merletto prodotto va a totale beneficio delle maestre. In un paese
nuovo all’industria dei merletti questo sistema non reggerebbe sicuramente.
Anzitutto bisogna provare che questo genere di lavoro è rimunerativo e poi
che l’ industria abbia gettato salde radici. Nel
territorio di Trieste, esistono pure fiorenti scuole di merletti, le quali
vengono largamente sussidiate dal governo. Io ritengo che se in altre parti
della nostra provincia sorgessero scuole di merletti e che per il loro
impianto abbisognassero di sussidio da parte del governo, il Ministero
d’agricoltura non si rifiuterebbe di concedere un qualche centinaio di lire.
Abbiamo il precedente che per le scuole di cestari
fu: largo di aiuto. Del suo speciale interessamento, per l’elegante industria
dei merletti ha dato anche recentemente una splendida prova, accordando lire
1000 a titolo di contributo nelle spese a cui andrà incontro il Comitato di
signore (anima e mente del quale è la contessa di Brazzà)
per una mostra italiana di merletti alla prossima esposizione internazionale
di Chicago. Vidi
la scuola di Brazzà nel suo nascere e mi fu facile
il pronostico che la istituzione, sorta sotto i più lieti auspici, doveva
prosperare, dare frutti buoni e copiosi e trovare ambiente adatto in altre
parti della nostra provincia dove non difettano certamente le persone ben
disposte ad accogliere quanto può tornar utile per il miglioramento morale e
materiale della classe agricola. Era
il dì 8 settembre; nello splendido castello di Brazzà
aveva luogo la prima esposizione agraria locale di emulazione fra i
contadini.* Inspiratrice ed anima della esposizione fu la contessa Cora, che coadiuvata dalla intelligente operosità di
signore gentili e di egregi signori, a capo de’ quali il suo consorte, il
conte Detalmo, ebbe il conforto di vedere
pienamente riuscito e giustamente apprezzato il primo tentativo di consimili
esposizioni in Italia. Ciò
che attraeva maggiormente l’attenzione della gente, accorsa in folla a vedere
l'esposizione, era un gruppo di sei bambine, che col tombolo sui
ginocchi e i fuselli alla mano
lavoravano il merletto con modesta disinvoltura dinanzi ad un pubblico
assiepato attorno ad esse meravigliato e commosso. Quelle bambine avevano
avuto dalla contessa Cora la prima lezione di
merletto il dì 25 agosto, dunque in tutto soli 15 giorni di scuola! In questo
brevissimo tempo erano già riuscite a fare merletti a uso torchon
con 50 fuselli. La contessa Brazzà ebbe aiuto
efficace, in questo suo primo tentativo, dalla gentile signorina Dorina Bearzi, la quale non
trascura di occuparsi, anche al presente, di tratto in tratto delle allieve merlattaie. Il tentativo riuscì a meraviglia, molte
contadine de’ dintorni chiesero e furono ammesse alle tre scuole, che, come
già dissi, contano ora un centinaio di allieve, alcune delle quali sono
capaci di fare i punti di Milano, di Chioggia, copie di merletti antichi e merletti
fini da biancheria. Le più abili possono guadagnare, in una giornata di
lavoro di 10 ore, da 80 centesimi ad una lira. Alla
imminente seconda esposizione locale di emulazione fra i contadini, che avrà
luogo in Fagagna, ben 93 allieve delle scuole di Brazzà, Martignacco e Fagagna si presenteranno a lavorare il merletto e vi sarà
pure una ricca mostra di merletti da esse fatti nel corso dell’anno. Si è
percorso molto cammino in così breve tempo! Crescit eundo! Ho
visitato, ne’ giorni scorsi, la scuola, che è installata nel castello stesso
di Brazzà. La signora contessa siedeva
fra le sue allieve e mentre col tombolo dinanzi lavorava il merletto,
istruiva le bambine con rara abilità pedagogica, ma senza l’ombra di
pedanteria. Le ragazzine mostravano di avere una confidente venerazione per
la loro nobile maestra, che non incute timorosa soggezione, ma affettuoso
rispetto. Le fanciulle vanno orgogliose di avere così abile e buona
insegnante. Qualcuna recitò in mia presenza, una breve poesia in lode della
Contessa. Come erano liete di esprimere in bella forma i loro sentimenti!
Sembrava che i versi scaturissero spontanei dal loro cuore, così calde e
sincere fluivano alla bocca le parole, così tenero era lo sguardo, che nei
luoghi più toccanti, indirizzavano alla nobile Signora, che ne era lieta.
Sotto così abile direzione la scuola non può che prosperare: bontà di cuore,
rettitudine di mente, abilità tecnica e commerciale, gusto fine, sono doti
cospicue della contessa Cora. Abilissima nella
propaganda, può dire ormai di avere assicurata al nostro Friuli l’industria
dei merletti. Non mancano presso di noi signore, le quali possono emulare nel
bene, santa emulazione, la contessa di Brazzà.
Questo articolo è scritto per esse. Dare alle nostre contadine il mezzo di guadagnare
con facile e dilettevole lavoro durante i periodi di tempo che il governo
della casa e le cure de’ campi non richiedono la loro opera, ecco lo scopo
elevato cui mirano queste scuole. Non tutti i fisici si prestano al faticoso
lavoro de’ campi, non sempre dalla donna e specialmente dalla fanciulla si
esige lavoro manuale, ma semplice e passiva sorveglianza. Ai fisici deboli,
alle mani costrette temporaneamente alla inoperosità, ecco offerto il modo di
guadagnare qualche peculio. Nè, a mio credere, vi è da temere che le
fanciulle del contado avvezzate al facile lavoro (lavoro da signorine,
appreso da signore o da esso propugnato) sdegnino quindi la rude bisogna de’
campi. La tendenza vi può essere a ciò, non lo nego; ma a ricondurle sulla
buona via: varranno i savi consigli e gli autorevoli ammonimenti delle
signore patronesse delle scuole, e più che tutto varrà il comando, non sempre
egoista, del contadino che vuole la donna equamente e proficuamente associata
al suo lavoro. I signori non possono disinteressarsi della sorte della classe
operaia, sia delle città come delle campagne. I tempi corrono difficili e ben
giustamente il Bonghi ebbe a dire, in uno de’ suoi splendidi articoli: “Le
classi che stentano, bisogna che siano circondate d’amore da quelle che
godono; che non s’aspetti che il soccorso lo chiedano, ma sia offerto, quasi
direi imposto. E il soccorso non deve consistere nell’ elemosina; bensì in
creazione di istituzioni, che a ogni vicenda triste della vita dell’operaio,
bambino, fanciullo, adulto, vecchio, provvedano con sincerità e prontezza di
commozione e di servigio. L’elemosina umilia, e oggi n'è sentita una amarezza
nell’animo di quello che la riceve; l’instituzione
invece una volta creata, par cosa di quella in cui favore è creata”. Udine, agosto 1892, Vittorio Stringher --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Il quotidiano “La Patria del Friuli”venerdì
2 giugno 1893 L'industria del merletti
conferenza del signor Vittorio Stringher L’imperversare della piova tolse a
molti la volontà di recarsi ieri alle due pomeridiane, nella Sala maggiore
del nostro Istituto Tecnico per udirvi la conferenza del chiaro amico nostro
signor Vittorio Stringher: una conferenza ricca di
interessanti notizie storiche e di aneddoti graziosi, esposti con la forma
chiara, corretta e piana consueta a chi usa a trattare argomenti d'indole
statica ed economica. L'uditorio, a motivo appunto del maltempo, era scarso:
una cinquantina di persone, fra cui dieci tra signore e signorine: vi notammo
l'on. Sindaco, il conte A. di Trento, l'avvocato Battista Billia,
il prof cav. Misani, il marchese Fabio Mangilli, l'avv. Antonini, il
prof. Viglietto, H dott, Zambelli, il prof. Pontini e parecchi altri fra coloro
che non mancano mai d'intervenire ai geniali convegni letterari scientifici,
che oggidì sono di moda col nome di conferenze. Il signor Stringher
fu presentato all'uditorio dal Presidente dell’ Associazione agraria friulana
marchese Fabio Mangih. Una quantità di cose ci narrò il
conferenziere: dalle prime incerte notizie che si hanno intorno ai merletti,
donde parrebbe che il vanto di averli prima inventati spetti all'Italia, ai
documenti più antichi i quali fanno risalire al secolo decimoquinto
le memorie certe dell'esistenza di questa industria: di Venezia erano le
trine adoperate nella incoronazione di Riccardo III d’ Inghilterra (1483). E
ricordò la graziosa e commovente leggenda che sì ripete a Venezia intorno
all’ origine dei merletti a fusello; e le leggi suntuarie che perseguitarono l’uso di certi pizzi a
Venezia, in Francia, in Portogallo; e l'uso che di essi fecero per lungo
tempo gli uomini nelle pittoresche loro acconciature, fino al chiudersi del
secolo decimottavo; ed i parecchi libri pubblicati
fin dallo scorcio del secolo XVI, contenenti raccolte di disegui
artistici beIlissimi. Interessante la storia dello
svolgersi di questa industria, a proposito di chè
giustamente il signor Stringher disse notevole un
fatto: che in molte località si deve alla miseria persistente o a disastri
momentanei l'iniziarsi o il risvegliarsi di essa industria, non sempre la
fame essendo mala consigliera, anzi più volte, se però il cuore abbia retto e
buon fondamento, avverandosi il contrario. La miseria estrema, in cui
versavano le popolazioni agricole della Boemia, determinò la introduzione
della industria dei merletti in quella regione, dove ora ha una certa
rinomanza; in, Portogallo rifiorì
dopo il terribite terremoto che colpì Lisbona nel
1755; nel’ Irlanda, dopo la grande carestia del 1846; a Burano,
dopo il rigido inverno del 1872 che aggravò le miserevoli condizioni di quel
povero paese.Ora, in Italia, si coltiva prima
industria dei merletti: nella provincia di Venezia, con circa quattromila
merlettaie; a Cantù (Provincia di Como) e nei comuni contermini, con
cinquemila; nella Riviera ligure, con circa settemila e trecento operaie; nel
comune d'Isernia (provincia di Campobasso) dove circa mille donne di ogni età
e condizione attendono nei rispettivi domicili alla lavorazione di pizzi e
merletti; nella provincia di Aquila, di Chieti, di Ancona, delle Calabrie: intorno a ventimila donne italiane attendono al
gentile lavoro, con guadagni che variano da cinquanta centesimi a una lira,
una lira e quaranta al giorno. ln Francia, il
numero delle merlettaie si calcola a duecentoquarantamila per un'industria
che, un tempo, fu prettamente italiana! E l’ammontare della produzione alla
cospicua cifra di cento milioni all'anno. Nel Belgio vi sono 700 fabbriche di
pizzi e vi lavorano centocinquantamila donne. E le notizie storico, statistiche vengono accompagnate da
considerazioni molteplici e di variata indole, tratte da molti scrittori
italiani 6 stranieri che si occuparono o di questa industria particolarmente,
o delle donne operaie in genere. In Germania ed in Austria, le mertettaie non lavorano liberamente come in Italia, in
Francia, nel Belgio: si riuniscono in gran numero, nelle scuole o nei laboratori
dove regna una discipline rigorosa; debbono lavorare senza tregua e il merletto
si risente di questo modo di lavoro; offre una eccessiva uniformità e
presenta un aspetto freddo e monotono; non si sente la vita né l’intelligenza
dell’operaio libero. Dai cenni storico-statistici, il conferenziere
venne a considerazioni d'ordine economico. Dal lavoro dei merletti non sì
ritrae tutto il profitto che ad esso spetterebbe: i prezzi dei merletti. nei principali
negozi delle grandi città sono più elevati il doppio, il triplo e anche più
in confronto dei prezzi che si corrispondono alle operaie, Ciò dipende dalla
nessuna organizzazione di questa industria — forse, la peggio ordinata, in
Italia: il Munistero di agricoltura non vi pose
mente, mai; non gli è nota. Sono gi’ incettatori che approfittano della
povertà delle merlettaie, della incoscienza loro circa il merito reale della
propria opera, della loro ignoranza intorno alle condizioni ed alle esigenze
del mercato. Il sistema cooperativo potrebbe avvantaggiare sì trista condizione
di cose, procurando rimunerazione più equa pel produttore e un prezzo di
vendita meglio proporzionato all’intrinseco valore dell’ oggetto. Ed egli
espone il modo, a suo pensare, più proficuo per istituire questa cooperativa,
alla quale vorrebbe associato il mutuo soccorso.. À preparare il terreno per
la costituzione delle Società cooperative reputa giovevole l’organizzare
mostre nei principali centri di produzione. L'introduzione delle macchine, le
quali si sono sostituite in gran parte al lavoro manuale — creandone alla lor volta di nuovo, ma diverso — assieme a grandi,
incontestabili benefìzi ha portato con sè alcuni inconvenienti; fra cui la quasi totale
scomparsa, in talune regioni, delle industrie casalinghe nelle campagne. La mancanza
di lavoro, che significa demoralizzazione per l’uomo, per la giovinetta vuol
dire la sua perdita. Trovare una nuova occupazione da sostituirsi a quelle
già del tutto scomparse o in via di esserlo, è opera benefica moralmente e
materialmente. Parla a lungo sui merletti a fusello e ad ago; crede che,
nell’ ordinamento dell’ industria dei merletti, si debba tener tener di mira che le differenti attitudini si svolgano
nel loro campo d’azione, se vuolsi conseguire, dal lato tecnico e da quello economici
il miglior risultato. Trova ingiustificato il lamento che si muove contro
qualsiasi lavoro che distragga la donna dalle cure della famiglia,
dall'educazione dei figli: è cita in suo appoggio autorità di economisti e di
letterati.Tutti gli economisti che si sono occupati
del lavoro delle donne, hanno notato come il merletto ed il ricamo a mano sieno occupazioni che favoriscono la vita di famiglia. Dare
alle nostre contadine il mezzo di guadagnare con fucile e dilettevole lavoro,
durante i periodi di tempo che il governo della casa e le cure dei campi non
richiedono la lore opera — è uno scopo nobilissimo;
cui mirano appunto le scuole di merletti, fondate anche nella nostra
Provincia mercè l'intelligente filantropia della
contessa Cora di Brazzà Savorgnan. E si verificò questo fatto, nella scuola di Brazzà: che due o tre contadine adulte, costrette a
starsene tappate in casa per infermità croniche, mandarono bambine di loro
famiglia alla scuola ad apprendere il lavoro del merletto perchè
alla lor volta lo insegnassero ad esse: ora, le povere
donne si guadagnano una quindicina di lire al mese; non sono più di peso, ma
di sollievo alle loro famiglie. Nelle quattro scuole istituite in Provincia (Fagagna, Brazzà, Martignacco, Silvela), il
numero delle bambine frequentatrici è di centocinquanta. Conclude ricordando
come alla gentildonna Barbara Etterlein
che introdusse in Sassonia la industria dei merletti a fuselli per venire in
aiuto alle donne dei minatori, una brava vecchia — vedendo la pazienza e l’abnegazione
onde la castellana istruiva le povere contadine, le predisse che Sant’ Anna l'avrebbe
ricompensata facendo prospe-rare i suoi figli senza perderne un solo, e che
questi si sarebbero moltiplicati altrettanto che i fuselli del suo tombolo. La
predizione si avverò; e quando donna Barbara Etterlein
morì nel 1575 la piansero sessantacinque tra figli e nipoti.Egli
vuol essere altrettanto indovino predicendo, alle signore di Brazzà e Pasolini (un’altra fondatrice di scuole per l'industria
dei merletti)... non sì gran numero di figli e nipoti, che gli parrebbero un
po’ troppi; ma un numero ben maggiore di donne italiane che le imi-teranno
per la redenzione economica e morale delle nostre popolazioni agricole e
cittadine. Meritato plauso salutò il conferenziere, cui strinsero la mano, in
segno di approvazione, parecchi dei presenti. Il quotidiano “La Patria del Friuli” del 14 settembre
1909, pubblicò un articolo
dedicato ad una mostra artigianale svoltasi a Martignacco dal titolo “Fra
I merletti e le pupattole”: Ma dove
l’industria femminile trionfa, è nelle due scuole di Merletti
di Fagagna e Brazzacco, è nei «giocattoli » per regalare ai bimbi, creazione
delle Industrie feraminili di Udine. I merletti... Chi avendo visitato, dieciotto anni or sono, l'esposizione agricola locale di emulazione fra i contadini
(la prima che si tenesse in Italia), a Brazzà,
per iniziativa della contessa Cora, non ricorda il gruppo di
sei bambine che, col tamburo
(tombolo) alla mano, lavoravano lentamente ma accuratamente il merletto ?... Quello fu il primo nucleo delle scuole di merletti in Friuli. Ora, la scuola di Brazzà conta
430 allieve, dai 4 ai 60 anni... E la scuola è frequentatissima; e va bene poichè
I suoi lavori sono venduti ancora prima di essere incominciati. E frequentata è pure la scuola di Fagagna, che
recentemente avemmo occasione di vedere in piena attività; e fortunata anch'essa nelle vendite. Il bello s'impone sempre. Naturalmente, le piccine fanno le cose più semplici: il lavoro si
va grado a grado rendendo più complicato, più ifficile; e n’ erano esposti di stupendi, da entrambe le scuole: da quella
di Brazzà in due vetrine ed in un campionario murale; da quella di
Fagna in una grande vetrina, che fermava a sè dinanzi tutti
i visitatori”. Le industrie femminili di Udine espongono centinaia di «capi » : orsacchiotti e scimmiotti e gatti e altre bestie; costumi friulani (fra cui il maranese
e il resiano e lo slavo) e rumeno; una intera «scuola»
di merlettaie, col loro piccolo tombolo dinanzi; tipi svariati di costumi
antichi e moderni, Queste industrie femminili, delle quali son l'anima la signora
Olga Renier e la signorina
Noemi Nigris, occupano ora sei operaie
fisse; ma in certe stagioni ne occupano di più.
Finora seguirono modelli forestieri, la maggior parte tedeschi; ma si è già cominciato
a emanciparsi dall’ estero anche per l'ideazione del giuocattolo; e
ne uscirono, come primi campioni, appunto i costumini friulani,
che si verranno moltiplicando. Anzi, è cominciata anche l'esportazione di questi « articoli
nazionali »! Proprio: le difficoltà più ardue vince costanza.
Certe parti in legno, le lavora por la scuola il falegname Giuseppe Perez di Fagagna, al quale pure è dovuta una parola di
lode. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Bibliografia R.
Bonghi, Il primo maggio ed il socialismo, Nuova Antologia — Fasc. x, 16
maggio 1892. Sitografia https://archive.org/details/BolAssAgrFriulana1892-4 https://archive.org/details/LaPatriadelFriuli1893-153/153_La%20Patria%20del%20Friuli%2002-06-1893/ Friuli Venezia Giulia - Cora
Slocomb di Brazzà – Le
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