Amianto

 

Fibra di amianto come si presenta in natura

 

In una pubblicazione del 1847 così si scriveva a proposito dell’amianto: ”Amianto — Avrete senza dubbio inteso a parlare che gli antichi popoli bruciavano i cadaveri dei loro cari, e ne conservavano le ceneri; ed avrete al tempo stesso pensato come mai era loro possibile di separarne quelle ceneri dagli avanzi della combustione nei roghi, che, come sapete, così chiamavansi quelle cataste di legna sopra cui si ponevano ad ardere i cadaveri. Or bene sappiate che il mezzo per ciò ottenere era d'involgere la spoglia dell'estinto in un lenzuolo di amianto, che per nulla si altera all'azione violenta del fuoco. Vi parlerò dunque brevemente di questo minerale, che è uno dei più singolari prodotti della natura, composto principalmente di silice, di magnesia, di poca allumina e di calce, cioè a dire degli elementi che formano le pietre più dure. La disposizione delle sue molecole somiglia a quella dei vegetabili, e da ciò la sua tessitura a fibre lunghe, lucide, simili a quelle della seta, e queste facilmente si separano in fili estremamente sottili ed elastici, che lo fanno paragonare al lino ed alla seta. Il suo colore è talvolta d'un bel bianco di seta, tal altra grigio, verde, bruno, ed anche nero, le più belle varietà si trovano nel Brasile, in Savoia ed in Corsica, ove si unisce ad una terra argillosa per fabbricar vasi da cucina, meno soggetti a spezzarsi per la violenza del fuoco e per gli urti. Un antico lenzuolo fu trovato nel 1702, entro un'urna con delle ossa avviluppate, due miglia fuori la porta Prenestina, oggi Maggiore, ed ora si conserva tra le altre rarità nella gran sala della biblioteca Vaticana. La sua grandezza è prodigiosa, poiché ha 5 piedi, 7 pollici e 7 linee e mezza di lunghezza, e 4 piedi, 11 pollici e 9 linee e mezza di larghezza.

Sul principio di questo secolo Maria Domenica Fumasoni Biondi di Marino presentò all'accademia dei Lincei in Roma alcuni bei lavori in amianto. In seguito altre persone industriose filarono l'amianto, e l'unirono al cotone od al lino, e così il filo avea maggior consistenza e lunghezza. Fattone il tessuto, lo gettavano al fuoco, il quale consumando il cotone ed il lino, rimaneva il tessuto d'amianto puro. Nel 1816 la sig. Lena Perpenti a Milano ne fabbricò tela, carta e merletti. Un'opera stampata interamente in carta da essa fabbricala, fu deposta all'istituto di Francia da Huzard. Ecco i metodi praticati dalla Perpenti. Prese l'amianto flessibile che trovavasi nella valle di Malenco. Si lava prima nell'acqua comune, asciugato che sia, si separa in piccoli mazzetti, si stropiccia leggermente, e si stira in senso opposto, prendendolo per le due estremità. A misura che le sue parti in tal guisa separansi l’un dall'altra, si sviluppano molti fili bianchissimi, lunghi 5, 8 e sino 10 volte più del pezzo di amianto dal quale provengono. Tale allungamento delle fila d'amianto è un fenomeno assai curioso e straordinario, di cui i naturalisti non sembra che abbiano per anco fatto menzione. Questa qualità di amianto presenta nella sua forma soltanto fibre grossolane, e col metodo di stiramento indicato se ne ottengono fila finissime, bianchissime, tanto lunghe da poterle usare in ogni sorta di lavoro; trovatisi aggomitolate nelle sue fibre grossolane, come i fili della seta nel bozzolo. Si staccano colle mani le fila che derivano dai due frammenti di amianto, e si dispongono sopra un pettine formato da tre ordini di aghi da cucire. Questi fili essendo lunghi, molto pieghevoli ed assai fini, lavoratisi sul pettine colla maggiore facilità, allo stesso modo del lino e della seta. L'amianto filato in tal guisa può servire ad ogni sorta di lavori. La stessa operazione può eseguirsi sui pezzi rimanenti quando abbiamo sufficiente lunghezza. Gli scarti possono ancora servire alla fabbricazione della carta che si fa coi metodi medesimi, sostituendo l'amianto agli stracci. Per rendere consistente la carta di amianto, le si dà colla o gomma, sciogliendo l'una o l'altra di queste sostanze in sufficiente quantità di acqua. Quindi vi si immerge una spugua, con cui percorresi leggermente la superficie di ogni foglio, nella stessa guisa che si colora la carta commune: quando è asciutta, cilindrasi per far sparire tutte le pieghe. Il cav. Aldini di Milano stabilì in grande la tessitura e filatura dell'amianto, e rese più semplice la fabbricazione della carta e cartoni. In luogo della semplice lozione dell'acqua fredda, si valse del vapore di essa ; in tal modo da qualche pezzo di amianto, minore di un decimetro ottenne fila sottilissime quanto la seta, e lunghe più di un metro.

 

Candida Lena Perpenti

 

 

Candida Lena Perpenti, (Sondrio, 1762 - Como, 1846) introdusse per la prima volta nel Comasco la vaccinazione antivaiolosa; si occupò inoltre della filatura dell'amianto confezionando con tale fibra tessuti, merletti, carta. La sua inesauribile curiosità, continuamente alimentata, la renderà, oltre che scienziata, anche inventrice: sua è infatti la scoperta di uno speciale metodo di filatura dell’amianto, che le procurerà notevole fama in Italia e all’estero.

 

La Perpenti ottenne già l’anno scorso (1807) una medaglia d’argento per essersi segnalata nella filatura del’amianto. Ma ella non si arrestò già ai lavori che di lei si conoscevano. Con una costanza degna dei maggiori elogi proseguì ne' suoi tentativi, e riuscì già ad ottenere una carta che, perfezionandosi, potrà servire a molti chimici usi, non che per iscrivervi facilmente e con eleganza. E chi non vede a prima giunta i vantaggi di una tale scoperta che potrebbe, quanto alle arti, restituire all’amianto quel pregio in cui era tenuto dalla pietà degli antichi? La signora Lena Perpenti ha per ciò ottenuto una medaglia d’ oro. Ai non intervenuti Vincenzo Dandolo di Varese, e Candida Lena Perpenti di Como è stata rimessa la medaglia d'oro. A Candida Lena Perpenti per migliorati lavori d’amianto. 

Questo avvenimento è stato testimoniato dalla pubblicazione “Processo verbale della distribuzione de' premi (Regno d'Italia : Istituto nazionale delle scienze e delle arti, 1808)”.

 

Nel 1848 Andrea Tara, nella sua tesi di medicina all’Università di Pavia, scrisse: “

 

 

Ci chiamano dall'altro lato, alla bacheca nr. 16 dedicata alle memorie di Candida Lena Perpenti, cui andiamo debitori di aver ritrovato la filatura dell'amianto, di cui diversi saggi di varia forma stanno raccolti in questa bacheca, insieme ad un esemplare di montanina campanula, ad onor della inventrice chiamata dai botanici perpentiae. Vi stanno uniti autografi di lei e di parecchi valenti botanici, coi quali ella fu in carteggio. Candida Lena Perpenti, nacque a Cordona il 13 Marzo del 1764, educata in Como, vi stette a lungo e poi si ritirò a tranquilla vita nell'ameno Pianello, circondata da una lieta corona di figli, sui quali coraggiosamente fece l'esperimento della vaccinazione contro il vaiolo, della quale fu calda fautrice nel contado. I suoi lavori e le sue benemerenze le procacciarono regali da sovrani e medaglie da accademie, che la visitatrice troverà in altra sala, e che noi qui riproduciamo( tratto da, Guida Illustrativa del Civico Museo di Como in Palazzo Giovio, 1898.

 

Disegno della parte anteriore e posteriore della medaglia d’oro

 

Nel 1865 in provincia di Torino si cominciò la produzione industriale di carte e cartoni di amianto, poi dal 1882 di filati e tessuti a Grugliasco.

 

Nella “Gazzetta ufficiale del regno d’Italia” del 1881 in riferimento all’esposizione Nazionale di Milano si cita testualmente:

 

Nel 1873 tra gli Atti ufficiali della Esposizione Universale di Vienna del 1873, raccolti nel catalogo generale degli espositori Italiani 1873 troviamo che la ditta Rigamonti Luigia e Vittoria di Roma esponevano  merletto, gomitoli e tovaglioli di filo d’amianto.

 

Anche nell’esposizioni retrospettive e contemporanee di industrie artistiche a Roma nel 1887 si sono visti merletti in amianto.

 

Descrizione del contenuto della vetrina N. 132, nella quale c’erano dei merletti in filo d’amianto.

 

Nel 1909 la camera di commercio di Torino, pubblicò la statistica industriale del distretto camerale nei circondari di Aosta, Ivrea, Pinerolo, Susa, Torino (esclusa Torino città), Biella, Vercelli. Nei circondari di Torino all’epoca si scrisse: “Sono diciassette gli stabilimenti diretti alla fabbrica di tessuti dividerli per la rispettiva produzione speciale in quattro categorie: lavorazione della juta, canapa, fibre miste, amianto. Complessivamente le quattro categorie ora accennate danno impiego a 1960 operai, di cui 1300 donne e 200 fanciulli. In rapporto ai quattro gruppi suddivisi si deve tosto rilevare la preponderanza assunta in questa categoria d’industria dalla fabbricazione dell’ amianto. L’industria della filatura e tessitura dell’amianto merita una nota speciale, perchè essa è relativamente poco conosciuta sia nella sua lavorazione come nei prodotti che essa provvede. L’industria dell’amianto è coltivata in Italia, in Germania ed in Francia. In Italia si lavora specialmente la qualità del Canadà, della Russia ed anche per lavori inferiori quella del Piemonte, per lavori inferiori, diciamo, perchè quest’ultima si presenta di poco rendimento, con una fibra corta, di poca resistenza, di colore scuro, utilizzabile solo nel fare cartoni. La materia prima è passata sotto macine, setacci e congegni diversi per costituire la massa che è poi sottoposta a cardatura e filatura, mentre il cascame e le fibre troppo corte per essere filati sono ridotti alla fabbricazione di cartoni. Generalmente nella fìlatura l’amianto è mescolato con cotone per accrescerne la potenzialità filabile e nella torcitura i fili sono accoppiati a fili di ottone o ferro che restano nel centro del filo o della corda. Oggi è largamente applicata la tela d’amianto nei teatri e nei reparti industriali ove la combustione può essere facile. Nel 1906 il tribunale di Torino giudicò ammissibile e credibile una denuncia di pericolosità per la salute dell’amianto.

Nel 1898 Adelaide Anderson e Lucy Deane Ispettrici del Lavoro in Gran Bretagna scrivevano nell’Annual Report of the Lady Inspectors of Factories la pericolosità delle polveri di amianto osservando che nelle fabbriche dove si producevano tessuti e materiali contenenti amianto le operaie si ammalavano gravemente ai polmoni.

Nel 1906  Montague  Murray illustrò in Gran Bretagna, un caso “emblematico” di malattia da amianto arrivato alla sua osservazione già sette anni prima sulla fibrosi polmonare, diffusa tra gli operai che lavoravano a contatto con l’asbesto.

Anche in Francia lo stesso anno 50 casi di morti di tessitrici furono messe in rapporto con l’esposizione a polveri di amianto;

In Italia l’asbestosi fu riconosciuta una malattia professionale nel 1943 (Legge n° 455 / 12 aprile 1943).

 

Quando la tossicità dell’asbesto e dell’amianto non era ancora nota all’opinione pubblica. Molti “addetti ai lavori”, soprattutto imprenditori e manager delle aziende di settore, erano edotti che «nell’Annual Report of the Lady Inspectors of Factories” del 1898 Adelaide Anderson e Lucy Deane ne avevano osservato la dannosità.

 

Bibliografia

·       “Processo verbale della distribuzione de' premi (Regno d'Italia : Istituto nazionale delle scienze e delle arti, 1808)”.

·        Pantheon di cognizioni utili ed amene, artistic scientific letterarie utili a tutte le classi della societa, 1847

·        Atti ufficiali, della esposizione universale di Vienna del 1873.

·        Sangiuliani di Gualdana, conte Antonio. Guida illustrativa del Civico Museo di Como in Palazzo Giovio, 1898 

·        Erculei Raffaele; Museo artistico-industriale (Roma), Tessuti e merletti: esposizioni retrospettive e contemporanee di industrie artistiche, esposizione del 1887

·        Torino, Economia corporativa, Consiglio provinciale,  1909

Statistica delle industrie del distretto camerale ..

 

 

Sitografia

https://www.prevenzioneonline.net/pdf/multimedia/bastamianto/Carnevale%20Amianto%20Viterbo%2027_1_2017.pdf

https://www.ibasecretariat.org/workshop-report-1898.pdf

https://archive.org/details/guidaillustrativ1898cava/mode/2up?q=merletti

 

   

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